Quando rimaneggiare un romanzo che sembrava pronto per la pubblicazione? Ecco come, quando e perché.
Nel percorso che porta un romanzo dall’idea alla pubblicazione c’è un passaggio particolarmente critico, che è quello dell’editing, che può essere lungo e approfondito oppure rapido e limitato. Perché queste differenze? Quando conviene un editing o l’altro? Per comprendere i termini della questione occorre partire dalla situazione generale dell’editoria libraria.
Editoria: il mercato, i lettori e i numeri
I lettori deboli e l’editing – Secondo gli ultimi dati disponibili (Istat 2018), poco meno della metà dei lettori (46,5%) dichiara di aver letto al più tre libri nei 12 mesi precedenti l’intervista; si tratta dei “lettori deboli”, che sono:
– 50,2% lettori maschi,
– 48,6% lettori tra 11 e 17 anni,
– 52,6 % lettori con al più la licenza media,
– 58,7% lettori residenti nel Sud.
Per la narrativa, questi lettori da uno a tre libri l’anno si interessa ai titoli di cui si parla molto nel proprio ambiente. E’ opinione corrente che questi lettori, che nell’insieme fanno numeri più alti dei lettori forti, siano poco sensibili al valore aggiunto dall’editing avanzato (o approfondito).
I lettori forti e l’editing – L’altro gruppo rilevante per le scelte editoriali è quello dei lettori forti. Sono solo il 14,3% e leggono almeno 12 libri l’anno (valore stabile rispetto all’anno precedente), quindi hanno una maggiore sensibilità per la qualità dei testi, rispetto l’altro gruppo.
La maggiore propensione delle donne alla lettura si ritrova nell’intensità della lettura: il 15,3% dichiara di leggere in media un libro al mese contro il 12,9% degli uomini. Tra uomini e donne c’è un divario rilevante. Nel 2018 la percentuale delle lettrici è del 46,2% e quella dei lettori è al 34,7%.
La quota più alta di lettori continua a essere quella dei giovani. La quota di lettori tra i 15 e i 17 anni è pari al 54,5% nel 2018, in crescita rispetto al 47,1% del 2016.
In assoluto, il pubblico più affezionato alla lettura è rappresentato dalle ragazze tra gli 11 e i 19 anni (oltre il 60% ha letto almeno un libro nell’anno).
La quota di lettrici scende sotto il 50% dopo i 55 anni mentre per i maschi è sempre inferiore al 50% in tutte le classi di età.
L’editing per gli editori
Nonostante l’enorme differenza di fatturato tra editori piccoli e grandi, quello che accomuna tutti è di investire su quei libri che sembrano avere quelle caratteristiche che il pubblico ha dimostrato di gradire. Nonostante questa selezione, il 30% degli editori dichiara giacenze e resi per oltre la metà dei titoli pubblicati.
Per la precisione:
– 27% fra i piccoli editori,
– 18,4% fra i medi,
– 12,2% fra i grandi.
Quanto ai contenuti editoriali, vi è una prevalenza di testi letterari moderni (27,8%), categoria ampia che include romanzi, racconti, libri gialli e d’avventura, nonché libri di poesia e testi teatrali: gli oltre 13.000 romanzi e racconti pubblicati rappresentano da soli il 17,8% dei titoli e il 28,1% delle copie stampate.
In termini editoriali, i 13.000 romanzi immessi ogni anno sul mercato formano un fronte concorrenziale enorme e una enorme dispersione delle vendite che spiega perché solo una piccolissima parte di questi titoli superi le 50-100.000 copie.
Per questi motivi, la maggioranza degli editori conta sulla statistica più che contare sull’editing (cioè sulla qualità aggiunta da un editor) e sulla pubblicità, che costano molto lavoro, tempo e denaro. Cioè cercano di pubblicare il maggior numero di titoli possibile di livello medio, contando che nella quantità ci sia il titolo che faccia alti numeri, per merito o per fortuna. Questo perché nell’industria culturale non ci sono certezze, come noto. Tranne che in pochissimi casi, l’imprevedibilità è la norma e quindi brutte delusioni o belle sorprese sono sempre possibili. E la soluzione più praticata è quella di puntare sul maggior numero di “tavoli” possibile, per la Legge dei grandi numeri.
Intervistato a proposito dei criteri di pubblicazione, il responsabile narrativa della Marsilio, Jacopo De Michelis, ha di recente riconfermato che la «filiera editoriale (distributori, librai, media e lettori), filtra via via l’offerta iniziale lasciando emergere prevalentemente determinate tipologie di libri a scapito di altre. Volenti o nolenti, il cosiddetto “mercato” (che poi detta così sembra una cosa soltanto brutta, ma in ultima analisi stiamo facendo riferimento alla platea dei lettori, e un libro senza lettori che cos’è?), non può non influenzare chi svolge il mio lavoro, dato che quello che fa una casa editrice è vendere libri. Nel decidere se pubblicare o meno un testo, oltre alla valutazione delle sue qualità letterarie e narrative, intervengono inevitabilmente anche riflessioni che attengono alla sua spendibilità editoriale, alle sue chance di ritagliarsi un suo spazio, piccolo o grande che sia, all’interno del mercato, che – intendiamoci – è tutt’altro che perfetto, anzi è pieno di difetti e storture. Se non commerciali, i libri che si pubblicano dovrebbero essere almeno commerciabili, per il banale motivo che se una casa editrice pubblica libri che non vendono, non sta in piedi e chiude».
Qual è il ruolo dell’editor editoriale?
A questo punto emergono le due diverse direzioni che può prendere il lavoro dell’editor.
Da un lato c’è la vendibilità veloce, che guarda ai costi e quindi circoscrive il “grosso” dell’editing alla trama, perché è la componente del romanzo più evidente ai lettori e perché «l’azione vende». E infatti la maggior parte dei bestseller la si trova tra gialli, thriller, rosa, libri di genere insomma dove la trama la fa da padrone, come nei romanzi di James Patterson, un vero autore-brand vende oltre 300 milioni di copie in tutto il mondo. Quindi, se nel mondo la maggior parte dei lettori vuole trama e azione, così come a livello più locale vuole Montalbano, Schiavone, Alice Allevi, perché torturare un povero autore affinché lavori ancora per mesi sugli elementi della scrittura che, in quanto raffinati, sono più difficili da acquisire e di più lunga applicazione?
Sembra che non ci siano dubbi tra i gusti del pubblico e le esigenze dell’editore: editing leggero. Invece…
Invece c’è da considerare che la soluzione precedente potrebbe essere un grosso errore, perché il lavoro approfondito sull’opera potrebbe moltiplicare le vendite, procurare premi e creare un nuovo autore-brand, con un prezioso seguito di qualche migliaio di lettori.
In questa direzione, vale quanto afferma Jacopo De Michelis (Marsilio): «per me l’editor ha, o dovrebbe avere, un ruolo sostanzialmente socratico, maieutico: dovrebbe indicare all’autore da una parte eventuali limiti e difetti di un testo e dall’altra le sue potenzialità ancora inespresse, e cercare di convincerlo ad effettuare determinati interventi di revisione e modifica che lo aiuterebbero ad attingere una totalità di esiti letterari e narrativi». Ma sarà l’autore disposto a lavorare altri mesi sul suo testo?
Conclusioni
In conclusione: è vero che ogni scrittore ha una sua voce e gli scrittori veramente bravi hanno voci che si distinguono, ma se vogliamo vendere un poliziesco è così importante scrivere, riscrivere, limare ogni scena modulando toni, atmosfere, scelte lessicali, figure retoriche ecc.?
No, a meno che non si ritenga di avere di fronte un talento che può andare lontano, molto lontano e ne abbia la determinazione. In quel caso la spinta a migliorare di bozza in bozza ha un senso perché i romanzi successivi partiranno da una prima stesura progressivamente migliore, cioè da una prima bozza di un nuovo romanzo che è già migliore della terza bozza del precedente romanzo. Ma, ancora una volta: sarà disposto l’autore a lavorare altri mesi sul suo testo? E chi paga il lungo lavoro dell’editor?
Evidentemente non c’è una regola applicabile in modo fisso, perché ogni caso, ogni autore e ogni editore, variamente combinati, sono una storia a parte.
Michela Iaccarino & staff FirstMaster