Un altro tipo di cronaca, opposta alla nera, è quella che parla uomini e donne straordinari che nessuno racconta o che al massimo finiscono nelle notizie brevi. Invece…
Invece sono le notizie che formano le 190 pagine di “Meno male. Storie di piccoli eroi che trasformano il mondo“, scritto da Giangiacomo Schiavi, dal 1987 al Corriere della Sera, dove è stato capocronista e vicedirettore.
Il punto di partenza? Lo scrive l’autore, che da più di trent’anni legge (come tutti noi) titoli che fanno disperare: «Allarme immigrazione», «Emergenza vaccini», «Ore di terrore a Londra», «Autobomba a Bruxelles», «Affonda il barcone dei migranti», «Rapina al Banco popolare», «Boom di truffe agli anziani», «Assediati dallo spaccio», «Acido in faccia all’ex fidanzata», «Chiude la fabbrica», «Uccide la moglie e i due figlioletti», «Colpi di machete al controllore del treno», «Spina staccata al piccolo Charlie», «Terremoto dopo il voto», «Aumenta la povertà», «Taglieremo le pensioni», «Niente fondi, crollano le scuole», «Risparmi in pericolo». Scusate, non c’è anche qualche buona notizia?
Fino a ieri le buone notizie non erano notizie. Erano brevi di cronaca. Stampa minore. Odoravano di vecchio. I giornalisti guardavano altrove. Rincorrevano procure, questure, preture, mascalzoni, predoni, corrotti, truffatori, manipolatori, speculatori. Perché la stampa deve denunciare, stimolare, far riflettere. È il suo dovere: gli orrori non si possono ignorare.
Però quante storie dimenticate, quanto distacco dal mondo della gente comune. L’Italia non è solo quella delle vite sbagliate. È piena di piccoli eroi della normalità, di esempi imitabili, di uomini e donne straordinari che non hanno storia perché nessuno li racconta.
Spazio alle inspiring news
Dal premio “Buone Notizie”, ai blog, all’inserto settimanale del Corriere della Sera arriva l’invito a guardare anche dall’altra parte: quella del bene che fa notizia. Sono quelle che nel giornalismo anglosassone si chiamano inspiring news, per la capacità di aprire a nuove visioni della realtà personale e della società. Sono “inspiring” perché presentano nuovi valori e nuovi esempi. Sono storie di accoglienza, generosità, rinascita, resistenza e coraggio. Storie che parlano di sognatori capaci di inventare il futuro, per sé e per gli altri, di costruire dal nulla progetti destinati a durare.
Non solo cronaca nera: quando le buone notizie non erano notizie
Fino a ieri le buone notizie non erano notizie. Erano brevi di cronaca. Stampa minore. Odoravano di vecchio. Ricordavano le tirate retoriche del dopoguerra. La presse du coeur. Il sentimentalismo. Giornalismo secondario.
Invece, le buone notizie ci sono e c’è chi le vuole leggere. Bisogna andarle a cercare. Vincendo la pigrizia che con Internet è diventata micidiale. È vero che fa notizia l’urlo e non il silenzio, chi insulta e non chi ascolta, il ladro e non il carabiniere, il criminale e non il galantuomo. Ed è vero anche quel che rispondeva Indro Montanelli ai suoi lettori. «Scusate, ma se una professoressa si presenta regolarmente a scuola è una notizia? Io dico di no. Se invece fugge per amore con il bidello ai Caraibi, sicuramente finisce in prima pagina.»
Esiste il giornalismo dei luoghi comuni. Se uno ruba, siamo un Paese di ladri. Se un medico sbaglia, è malasanità. Se una periferia soffre, è un Bronx. La realtà a volte è diversa. Meno nera di come la dipingiamo. L’Italia è piena di eroi sconosciuti: c’è una normalità che non ha storia, perché nessuno la racconta. Essere normali è diventato quasi eroico. È una notizia. Una buona notizia. La stampa deve uscire dai vecchi schemi per non finire surclassata dai reportage televisivi del Gabibbo, dalle incursioni temerarie delle Iene e dagli insider di Dagospia, il sito sempre aperto che fa la morale ai sedentari passacarte dei quotidiani di carta. Per i giornali è tornato il tempo di essere utili.
A c. di Marco Armentano & staff FirstMaster
Rif.: “Meno male. Storie di piccoli eroi che trasformano il mondo”, di Giangiacomo Schiavi, 2018, Sperling & Kupfer.