«La nostra missione è raccontare le guerre senza pregiudizi»
Marie Colvin: i perché di una scelta.
Marie Colvin, americana del Sunday Times, è morta ieri in Siria, raccontando la guerra dalla parte delle vittime, come aveva fatto da 25 anni a questa parte dai luoghi più pericolosi del pianeta: Cecenia, Balcani, Sierra Leone, Eritrea, Libia, Afghanistan.
Perché una scelta così “difficile”, per una newyorchese laureata a Yale?
Ecco la risposta della stessa Marie Colvin, da incorniciare*: «Il pubblico ha il diritto di sapere quello che il governo e le forze armate stanno facendo in nome nostro. La nostra missione è dire la verità. La storia della nostra professione è una storia di cui andare orgogliosi».
Idealismo? No, secondo Marie Colvin: «il primo corrispondente di guerra dell’era moderna fu William Howard Russell, del Times, inviato in Crimea a raccontare il conflitto fra una coalizione guidata dagli inglesi e gli invasori russi. Russell scatenò l’indignazione dell’opinione pubblica in patria rivelando l’inadeguatezza dell’equipaggiamento e il trattamento vergognoso dei feriti. Fu una rivoluzione. Fino a quel momento, le guerre venivano raccontate dagli ufficiali di grado inferiore. Billy Russell andò in guerra con la mente aperta, un telescopio, un taccuino e una bottiglia di brandy. I reportage di guerra sono cambiati negli ultimi anni.
Ora andiamo in guerra con un telefono satellitare, un portatile, una videocamera e un giubbotto antiproiettile. Ma l’essenza del giornalismo di guerra è sempre quella: qualcuno deve andare laggiù e vedere cosa succede. La vera difficoltà è avere abbastanza fiducia nell’umanità da credere che ci sia gente a cui interessa quello che scrivi. Noi abbiamo questa fiducia perché siamo convinti di poter fare la differenza».
Chi era Marie Colvin
Marie Colvin aveva 55 anni, di cui 28 passati nella redazione del Sunday Times. Inconfondibile tra i colleghi per la benda nera sull’occhio sinistro (perso per una scheggia di granada nel 2001, in Sri Lanka), dal 1986 e’ stata corrispondente per il Medio Oriente e poi per gli Affari Internazionali. Vincitrice di un premio per il “Coraggio nel giornalismo” da parte della Fondazione delle donne nei media era anche produttrice di documentari per la Bbc.
Marie Colvin aveva optato per lo stile di giornalismo partecipativo («I was there»), e un modello dichiarato: Martha Gellhorn, che era arrivata in Normandia 24 ore dopo il D-Day nascosta su una nave ospedale. Moglie di Ernest Hemingway, la Gellhorn aveva cambiato il mestiere del corrispondente di guerra.
Silvana Di Marzio & staff
* Stralcio del discorso tenuto il 10 novembre 2010 da Marie Colvin nella chiesa di St Bride a Londra, durante una funzione in memoria dei reporte inglesi morti in guerra, riportato da La Repubblica del 23/02/82012, p. 17.
Foto: Marie Colvin ribelli libici in Misrata nel 2011, copyright Reuters.
Link approfondimento (La Repubblica): Marie Colvin.