Sull’Espresso appena arrivato in edicola, segnalo l’articolo “Huffington Post all’italiana“, di Carola Frediani, che con riferimento proprio all’Huffington Post venduto per più di 300 milioni di dollari poche settimane or sono scrive: «Può funzionare da noi il modello del sito di news che in America è stato valutato 300 milioni di dollari? In diversi ci stanno provando. Ecco con quali risultati»
Ecco alcuni stralci dell’articolo “Huffington Post all’italiana” (i neretti sono miei).
In principio fu Dagospia, il sito gossiparo che dal 2000 si occupa dei «morti di fama» aggregando articoli altrui, commenti sarcastici e scatti originali dei potenti.
Con questa formula la creatura di Roberto D’Agostino ha da tempo fatto il pieno di accessi e di entrate: forte di 84 mila utenti unici al giorno, secondo i dati di gennaio di Audiweb – il database condiviso sul traffico Internet italiano – Dagospia nel 2009 ha incassato 538 mila euro con un utile di 113 mila euro.
Il modello D’Agostino, quasi un “oneman site” dai costi contenuti – solo 44 mila euro all’anno per il personale – è modellato anche visivamente all’aggregatore americano “Drudge Report”. Che sembra ispirare anche un’altra testata sul Web: “Blitz quotidiano”, nato a fine 2009 per iniziativa di Marco Benedetto (ex ad del Gruppo Espresso) con un investimento di soli 100 mila euro, una redazione ridotta e un approccio generalista, per circa 40 mila utenti unici al giorno.
Comunque la via italiana al giornalismo soltanto on line, svincolato da testate tradizionali su carta, sta battendo anche una pista diversa. Che punta su una dote cospicua di investimenti, contenuti di qualità, un orizzonte internazionale e un prodotto grafico curato.
Tutto ciò porterà visitatori e, soprattutto, un modello economico sostenibile?
La risposta arriverà da qui ai prossimi due o tre anni. I numi tutelari di questa recente nidiata di siti sono due modelli americani, “Huffington Post” e “Daily Beast”.
Al primo si rifà idealmente il sito italiano “Il Post” lanciato giusto un anno fa dal giornalista Luca Sofri. Una testata che intende aggregare in modo intelligente i contenuti del Web più che produrne di originali, scardinando la gerarchia stereotipata delle notizie.
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All’altro capo dello spettro ci sono le testate basate sui contributi degli utenti, in rapporto di osmosi con una comunità di riferimento. Tra queste, in Italia si distinguono “AgoraVox.it”, sito di giornalismo partecipativo, e “Giornalettismo” che, secondo il servizio di analisi Blogbabel, è il terzo superblog per link ricevuti dopo “il Post” e quello di Beppe Grillo.
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Funzionerà, questa galassia di informazioni e di commenti on line?
Da Oltreoceano arrivano segnali incoraggianti: «Il giornalismo sul Web è fattibile», assicura Henry Blodget, Ceo e direttore di “Business Insider” che, con otto milioni di utenti unici al mese, 45 dipendenti ben pagati e cinque milioni di dollari di ricavi, ha raggiunto in tre anni il pareggio di bilancio.
Il segreto? «I contenuti vanno pensati per la Rete e per un mondo fatto di milioni di fonti, per cui i lettori non vogliono passare tutto il loro tempo on line su una sola testata.
Huffington Post all’italiana – l’Espresso, n. 13, 2011, p. 114-117.
Mario Marino & staff