La letteratura popolare è letteratura? Snobismo e dati di fatto a confronto.
Tra gli autori di letteratura popolare è diffusa la soggezione (e l’invidia) verso la letteratura alta, quella delle opere che lasciano il segno e sopravvivono agli autori. Ma cosa c’è di vero?
L’ultimo intervento sulla questione della letteratura popolare è di Silvia Truzzi, ieri sul Fatto Quotidiano (21/8/20) che riepiloga così: « (…) In fondo la questione è, ed è sempre stata, questa: la letteratura popolare, consumata dal popolo e non dagli intellettuali, è letteratura? Petrarca pensava di no: temeva addirittura che i suoi versi finissero “malmenati” in bocca al popolino (come spiega nella lettera a Boccaccio su Dante, che invece aveva scritto in volgare, e per il volgo, la “Commedia”). Diceva Flaubert che dopo aver chiuso un romanzo di Dumas si ha la mente sgombra perché nulla resta su cui riflettere.
Quando uscì “Montecristo”, il romanzo dell’eroe borghese Dantès, ebbe un successo istantaneo, con ristampe e traduzioni. Eppure la critica lo aveva bollato come “romanzo popolare” (e quanto ne aveva sofferto l’autore …). Restando in Francia: dal romanzo popolare non trae ispirazione Balzac per quel capolavoro che è la “Comédie”? Del resto “l’arte è menzogna”, dice Balzac ne “La pelle di Zigrino”.
“L’arte per come la concepisco, e per come non arrivo a farla io, è cosa altamente e perfettamente aristocratica”, afferma nelle “Schermaglie” Giosuè Carducci, che storceva parecchio il naso di fronte ai poco lirici “Promessi Sposi” (salvo poi, in extremis, liquidare nel famoso “Discorso di Lecco” il proprio antimanzonismo come una “leggenda”) e ai romanzi in generale. Da Manzoni il pensiero corre a Gadda: il “Pasticciaccio”non è forse anche un giallo, cioè letteratura di genere? Anche quelli che oggi consideriamo classici, hanno avuto i loro problemi di reputazione…
Perché leggiamo? In una delle “Lettere”, Flaubert scrive che non bisogna leggere, come i bimbi, per divertirsi o come gli ambiziosi per istruirsi. “Si legge per vivere”. Ci permettiamo di non essere d’accordo, leggere è prima di tutto un piacere: come ben sa Patrizia Valduga, che per Einaudi ha curato il “Breviario proustiano”, l’autore della “Recherche” scrive che il libro è un mezzo per leggere in noi stessi. Le caselle – alta letteratura/letteratura d’intrattenimento – lasciano il tempo che trovano. (…)»
Dal punto di vista storico, la letteratura popolare esplode in Francia intorno al 1830, con la pubblicazione di romanzi a puntate, sui giornali. Un vero affare sia per gli editori sia per gli autori: Balzac, Sand, Dumas e molti altri scrivono “in appendice”, contribuendo molto anche alla diffusione della lettura, della narrativa e della stampa periodica. La domanda diviene talmente incalzante che, per soddisfare le richieste degli editori, Balzac impiega fino a 73 collaboratori.
Quindi, per tornare al punto di partenza: questa marea montante di letteratura popolare lascia il segno come l’alta letteratura? In altri termini: è credibile che quasi due secoli di letteratura popolare non siano utili alla società e alle persone, compensando la mancanza di alta qualità con alta diffusione e alta quantità? La sociologia e la psicologia dicono di no.
F.G.
Per la letteratura popolare o di consumo vedi anche Treccani.