Il modo in cui consumiamo informazioni è cambiato rispetto a qualche anno fa: oggi sono le notizie a raggiungere noi, e se non lo fanno, forse non sono importanti.
204 milioni di email inviate. 4 milioni di ricerche su Google. 347 mila foto condivise su WhatsApp. 2.4 milioni di contenuti pubblicati su Facebook. Ma soprattutto 83mila dollari guadagnati da Amazon e 416mila swipe su Tinder. Tutto ciò – e, a dire il vero, molto altro – è quello che accade ogni minuto su Internet.
C’è un piccolissimo problema: il tempo a nostra disposizione è una risorsa limitata, e, nonostante gli smartphone ci permettano di accedere alle informazioni in moltissimi momenti completamente nuovi rispetto a ieri, è ovviamente impossibile fruire di tutto ciò che viene creato. O anche soltanto di tutto ciò che ci interessa.
Questo paradosso viene chiamato Information Overload, ed è facilmente comprensibile osservando questo grafico che evidenzia anche quanto velocemente sia cambiato lo scenario:
Il modo in cui ci informiamo è completamente cambiato rispetto a qualche anno fa, quando la norma era accedere alla homepage del quotidiano che ci interessava, o del portale di informazioni, e leggere le news che ci parevano più degne di nota (o che ci incuriosivano di più).
Insomma, andavamo in cerca di quello che ci interessava, proprio come quando andiamo in edicola.
Oggi è l’opposto: sono le informazioni a raggiungere noi, e se non ci raggiungono, probabilmente non sono poi così importanti.
I social media giocano un ruolo importante, perché le notizie che ci raggiungono sono – spesso – quelle scelte dai nostri amici, dai publisher che seguiamo, o dai brand con cui siamo connessi: quel che è rilevante per la nostra rete di contatti diventa importante anche per noi, anche soltanto perché il nostro amico ha commentato un determinato contenuto, o l’ha condiviso – magari – accompagnandolo con una considerazione personale.
Il ruolo di marche e fonti di informazione è quindi sicuramente ancora molto diverso, ma i contenuti diventano sempre più“contenuti a prescindere da chi li ha condivisi”, perché richiedono comunque del tempo per essere consumati, e scegliamo di farlo solo se conquistano la nostra attenzione. E questo accade – molto più spesso – quando veniamo influenzati dall’interazione di un nostro contatto.
PEOPLE DON’T LOOK FOR IMPORTANT NEWS, IMPORTANT CONTENT LOOKS FOR PEOPLE from Luca Della Dora
Sul blog di We Are Social un piccolo approfondimento relativo al branded content in questo contesto.
Ah. Non ho mai detto storytelling.
Luca Della Dora su Wired.it (20/11/2015)
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