Arginare la pubblicità sessista. L’ultima iniziativa contro il sessismo in Italia è un disegno di legge del Pd titolato «misure in materia di contrasto alla discriminazione della donna nelle pubblicità e nei media». L’iniziativa nazionale segue quella in Sicilia del Movimento 5 Stelle che ha raccolto l’allarme per l’escalation di violenza sulle donne. Una violenza specifica che ha le radici specifiche nel sessismo in Italia. Per Angela Foti, del M5S siciliano, il sessismo «si costruisce con la complicità di un linguaggio basato su stereotipi che contribuiscono inequivocabilmente alla formazione del pensare comune. Si rende necessario colmare le lacune, più volte evidenziate dagli esperti, che hanno dimostrato come la pubblicità e il marketing inevitabilmente creano modelli culturali e non ne sono semplicemente il riflesso. I manifesti, in particolare, per la pervasività stessa del veicolo, rafforzano, con la loro ripetizione, messaggi che contribuiscono, se non regolamentati, alla diffusione di messaggi discriminanti soprattutto nei riguardi della donna».
Perché si fa comunicazione sessista
Nella comunicazione, il sesso serve ad attirare l’attenzione, ma diventa sessismo perché veicola ruoli e valori di genere.
Il sessismo in Italia si esprime nel più ampio arco di mezzi, dalla stampa alla televisione, dai manifesti alle copertine. Rozzo (foto 1, vino Belvedere) o allusivo che sia (foto 2, gelato Magnum), il sesso come strumento per ottenere l’attenzione è una soluzione della più facili. Non richiede creatività nell’autore e intelletto nello spettatore.
L’uso è strumentale, ma le conseguenze sono troppo ampie e profonde per ridicolizzarle come fa oggi Libero, in prima pagina.
La questione tra Comunicazione e sessismo nasce perché la componente emotiva della comunicazione, in particolare di quella pubblicitaria, agisce indipendentemente dal prodotto che promuove o dallo spettacolo che “decora”.
Per questo motivo, così come il pubblico femminile assume a modello il corpo anoressico delle modelle, analogamente il pubblico maschile assume a modello una femminilità variamente esibizionistica, disponibile, passiva, strumentale.
Il perdurare di una comunicazione sessista nel linguaggio, nelle immagini e nei video sostiene nel pubblico maschile un’aspettativa artificiale di disponibilità e passività delle donne verso l’uomo. Un’aspettativa irreale, illusoria, che non può che essere frustrata e quindi frustrante. Dalla frustrazione all’aggressività il passo a volte è breve, soprattutto in periodi di crisi, quando alle frustrazioni relazionali si aggiungono quelle economiche.
Non si tratta di congetture marginali, visto il sessismo è un problema di tutti i Paesi avanzati e in via di sviluppo, con varia misura e violenza.
Comunicazione e metacomunicazione sessista
Se è chiaro che sessismo, sesso ed eros sono cose diverse, per chi fa Comunicazione è meno chiaro che i due piani della Comunicazione e della metacomunicazione (in pratica il contenuto manifesto e quello latente) possono avere effetti opposti.
Così accade che le campagne di comunicazione sociale progressiste, quando utilizzano gli stilemi del sessismo, fanno metacomunicazione sessista.
La comunicazione testuale (razionale e manifesta), soccombe a quella visiva (emotiva e latente).
Tra le tante, ecco l’esempio della campagna di comunicazione per Peta (People for Ethical Treatment of Animals).
Il sessismo in Italia e nel mondo
Un’idea del gap tra uomini e donne in Italia la fornisce il Global Gender Gap (World Economic Forum), che prende in esame quattro aree critiche della disuguaglianza tra uomini e donne in 135 economie in tutto il mondo. Nel 2011 l’Italia era al 74° posto. Nel 2012 è scesa all’80°, complice la disoccupazione femminile, ma anche il perdurare di modelli sessisti nella comunicazione.
Non è mancato l’intervento della Commissione Europea, che già nella conferenza del 31 gennaio 2009, aveva ribadito “la necessità di individuare percorsi utili per eliminare tempestivamente ruoli tradizionali e stereotipi legati al genere” e la necessità di “introdurre e pubblicizzare una nuova scala di valori fondati sul rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, sulla rimozione degli stereotipi sessisti e la promozione del pari valore di uomini e donne”.
Editoria e sessismo in Italia
L’Associazione Italiana Editori, d’intesa con il ministero per le Pari Opportunità e sulla scia della Piattaforma di Pechino, ha diffuso nel 1999 “Polite” un fascicolo di indicazioni destinate a autrici e autori di volumi per le scuole d’ogni ordine e grado, per avere libri di testo che fossero attenti ad evitare stereotipi sessuali e forme di sessismo, attraverso un riesame di contenuti e linguaggio.
Ma il passato è troppo ingombrante per liberarsi facilmente di certi stereotipi e sia i libri di testo che la letteratura continua a tramandare modelli di mascolinità e femminilità anacronistici e conseguentemente disfunzionali sul piano relazionale (Invalsi 2013, prove di sessismo per le classi quinte).
Intanto, in edicola, l’attenzione si cattura anche con i soliti mezzi.
Le proteste contro il sessismo in Italia
In Italia, le proteste contro il sessismo prendono le forme di cartelloni strappati, di sit-in spontanei e di polemiche sui giornali, soprattutto quelli locali, perché è la pubblicità di piccole imprese quella che ricorre alle forme più spinte di sessismo, in mancanza d’altro.
Sessismo in Italia, pubblicità prêt-à-porter
Come se non bastasse la “creatività” spiccia di pubblicitari poveri di mezzi, ci sono anche soluzioni prêt-à-porter, offerte online da agenzie fotografiche internazionali. Nelle foto sotto, per pochi dollari e un click, due campioni di soluzioni pronto uso per manifesti stradali e pagine di giornali. Basta sostituire il testo fittizio con quello del cliente e il lavoro è fatto.
Sessismo in Italia? Il peggio è all’estero
Se il sessismo in Italia affiora un po’ ovunque, perché è un dato culturale (Andate in Italia? Attente a come vi vestite), è in altri Paesi che assume la virulenza massima, sia perché la Comunicazione è più disinibita, in foto come in video, sia perché la conquista dell’attenzione è più esasperata.
La comunicazione sessista subliminale
C’è anche questo: la comunicazione sessista subliminale. La tattica è quella di restare sotto la soglia di percezione cosciente per attirare l’attenzione dello spettatore con richiami sessuali. Si ricorre al sesso perché può funzionare in ogni momento della giornata e su un ampio spettro di età.
Una delle campagne più complesse è stata quella di “Club”, diventata un classico per gli studenti di psicologia per il numero di stimoli subliminali contenuti in ogni foto.
Per tornare all’attualità…
Pochi giorni or sono, il 1° luglio, su un buon quotidiano come il Secolo XIX di Genova è comparso l’ennesimo articolo che collega l’abbigliamento femminile alla violenza sulle donne.
L’articolo “Ragazze in short? Ma vi siete viste?” ha provocato polemiche e la dura replica al giornale genovese da parte della segretaria dell’FNSI ligure (Federazione Nazionale Stampa Italiana), che è il sindacato unitario dei giornalisti italiani.
Nulla di nuovo. E’ solo questione di giorni e questa guerra di trincea tra sessisti e antisessisti troverà un altro punto di scontro su un nuovo articolo, una nuova pubblicità, un bestseller, una trasmissione televisiva.
Un nuovo punto di scontro, sì, ma sempre più avanzato, per fortuna di tutti.
Esercitazione redazionale del Master di giornalismo FirstMaster 2013, basata sull’ebook “Comunicazione e sessismo” di Claudio Torrella.