FM/Mag
Editoria, intervista a Giuseppe Laterza
- Luglio 2014
- Pubblicato da: FirstMaster Magazine
- Categoria: News
«Il fatto che ci siano ancora 5 milioni di italiani che leggono almeno un libro al mese è straordinario»
«Appena cinquant’anni fa solo il 17 per cento degli italiani leggeva libri. Siamo arrivati a toccare il 46 per cento, anche se dopo il 1996 questa curva cresce poco. Però non dimentichiamoci da dove veniamo».
Questo è uno dei passaggi dell’interessante intervista (due pagine, oggi su Il fatto), realizzata da Silvia Truzzi a Giuseppe Laterza, della quarta generazione della casa editrice fondata a Bari nel 1901.
A proposito di editoria
L’intervista è ben diretta e tocca molti temi. Tra questi, la trasformazione del libro, con Laterza che dice: «io penso che un editore non viva per la carta, ma per le idee», quindi, anche se la forma libro è meno centrale di qualche decennio fa e i testi si possono leggere anche su altri supporti, bisogna capire come le idee possano essere veicolate diversamente.
Comunicazione, discorso pubblico e democrazia
«Anni fa pubblicammo un saggio di Amartya Sen, La libertà individuale come impegno sociale, dove c’è un nucleo fondamentale su cui bisogna esercitarsi. Sen dice che una buona democrazia si vede dalla qualità del discorso pubblico, che in Italia non è certo di livello. Circostanza che ha effetti anche sull’attività politica e legislativa.
In Italia la regola del discorso pubblico è che raramente si dice ciò che veramente si pensa. Si dice spesso ciò che consente di fare ciò che si vuole. Se io dichiaro “Te ne devi andare perché hai più di 70 anni”, creo meno attrito rispetto a una frase come “Te ne devi andare perché non sei capace”. (…) In generale, nel nostro paese, raramente un’affermazione generale è seguita da un atto specifico e individuale. Prendiamo il caso recente delle dichiarazioni del Papa sulla mafia: ne parlavo in questi giorni con mia moglie, giornalista a Rai News. Sarà interessante capire – diceva mia moglie – se il parroco di Oppido, il paese in Calabria dove la processione si è fermata per l’omaggio al boss, verrà in qualche modo sanzionato. Se devo pensare al discorso pubblico italiano, di cui la Chiesa è parte significativa, mi aspetto che nell’immediato non gli succeda nulla. Magari tra qualche tempo – per motivi apparentemente estranei alla processione – il parroco se ne andrà».
M.L. – FM
Autore:Magazine FM
1 commento
I commenti sono chiusi.
Prendo al balzo l’inizio dell’articolo, dove dice: ” non dimentichiamoci da dove veniamo”.
All’indomani dell’unificazione, nel 1861, l’Italia contava una media del 78% di analfabeti con punte massime del 91% in Sardegna e del 90 % in Calabria e Sicilia, bilanciata dai valori minimi del 57% in Piemonte e del 60% in Lombardia.
Nello stesso periodo – 1850 – le percentuali di analfabeti in Europa erano del 10% in Svezia, del 20% in Prussia e Scozia, del 75% in Spagna e del 90% in Russia.
Altri dati sono stati forniti dal progetto ALL (Adult Literacy and Lifeskills), nell’ambito di una ricerca comparativa internazionale promossa dall’OCSE. Le indagini svolte sulla situazione italiana nel 2003-2004 su un campione della popolazione compresa tra 16 e 65 anni hanno denunciato un quadro non brillante: su tre livelli di competenza alfabetica funzionale (inferiore, basilare e superiore) il 46,1% degli Italiani è al primo livello, il 35,1% è al secondo livello e solo il 18,8% è a un livello di più alta competenza
Il linguista Tullio de Mauro cita vari studi, concludendo che nel 2008 soltanto il 20 per cento della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea.
Ecco da dove veniamo e come stiamo.
Fonte: “Analfabetismo” Wikipedia