«Se non hai letto il giornale, sei disinformato. Se l’hai letto, sei male informato». Così Mark Twain sintetizzava lo scetticismo verso i giornali della sua epoca. Ma ben poco è cambiato, oggi. A meno che…
Più di quattro secoli di monopolio giornalistico sull’informazione di massa (1605-1993), sono stati interrotti dalla diffusione di Internet, che ha dato più di un’alternativa ai lettori. Ma a vent’anni dalla nascita di un’informazione indipendente, per mezzi e per autori, la maggior parte delle redazioni non ne tiene conto o non ne può tener conto.
Ieri ne ha scritto Peter Gomez, il noto direttore dell’edizione online del Fatto Quotidiano: «quando Internet non c’era, un cittadino poteva passare la sua vita leggendo esclusivamente il suo quotidiano, ritenere che fosse il migliore del mondo e non aver modo di capire come invece gli stesse nascondendo o manipolando la realtà. Poteva guardare la tv e credere che le notizie passate nei tg fossero le sole importanti. Oggi non è più così. Tutti, o quasi, possono fare confronti su Internet».
Come guadagnare credibilità verso i lettori?
Per guadagnare credibilità verso i lettori, dopo più di vent’anni di informazione particolarmente faziosa, distorta e censurata, Gomez si dice «convinto che la parola chiave sia: imparzialità. I giornalisti non solo devono essere imparziali, devono anche preoccuparsi di apparire tali. Non negli editoriali o nei commenti, che giustamente riflettono la linea politica scelta da ciascun giornale. Ma nel racconto dei fatti. Un esempio, più volte riproposto, chiarisce bene il concetto: se un direttore dedica molte pagine ai guai giudiziari della sindaca di Roma (e fa bene perché si tratta di una notizia importante), non può pretendere che nessuno noti come, invece, quelli del sindaco di Milano finiscano al massimo nelle cronache locali. Scelte di questo tipo minano la fiducia del lettore. (…) E la mancata imparzialità (non importa se vera o apparente) spinge il lettore a una sola risposta: cerco le notizie in Rete, qualcuna sarà pure una bufala, ma almeno chi mente non mi chiede dei soldi».
Perdita di credibilità significa meno lettori, meno copie e meno pubblicità. In qualsiasi altro settore industriale la costante perdita di mercato genererebbe una reazione, un reengineering dell’offerta. Invece i quotidiani non hanno cambiato linguaggio, scaletta dei contenuti e vizi vari. Non certo per incapacità, ma perché le società editrici (si sa), sono interessate agli effetti dell’informazione, non all’informazione come servizio, con rare eccezioni, come il Guardian in Gran Brategna e il Fatto Quotidiano in Italia.
Sul fronte dell’informazione concorrente, vent’anni di blogging e web journalism, non hanno prodotto una vasta alternativa di giornalisti, fuori dal circuito delle grandi imprese editoriali.
Piero Catelli & staff FirstMaster Magazine
Approfondimenti: grafico interattivo dei dati di diffusione 2013-2017, rilevati da ADS. L’analisi comprende anche il confronto tra le edizioni stampate e quelle digitali. Si può agire sui dati selezionando i filtri, muovendo i cursori, cliccando col mouse sui grafici o selezionando col mouse intere aree nei grafici (humanhighway.it).
Fonte citazioni: Peter Gomez, “I giornalisti più credibili sono quelli imparziali”, FQ, 16/4/2017.