Il giornalismo italiano è tra i più deformati dal predominio dei cosiddetti “editori impuri”. Una situazione conveniente e tutti, tranne che ai cittadini. Ma ora una nuova Legge potrebbe…
All’indomani della sentenza con cui la Corte Europea di Giustizia ha “bocciato” la Legge Gasparri, arriva in Parlamento il Disegno di Legge per un giornalismo migliore, meno condizionato dai gruppi di potere.
«Qui non si tratta di punire o penalizzare nessuno. Si tratta, piuttosto, di disciplinare un mercato nevralgico per il pluralismo dell’informazione, per la libertà di stampa e quindi per la formazione dell’opinione pubblica», spiega il giornalista e senatore Di Nicola (M5S), primo firmatario della proposta di Legge che intrende cambiare il volto del giornalismo in Italia, per tutti i tipi di editori: carta stampata, tv e testate online.
La Legge prevede un periodo transitorio di tre anni per adeguare le società alla nuova normativa, concedendo che entro un anno dall’approvazione della Legge la quota di soggetti non editoriali si riduca prima al 45%, poi al 25% e infine al 10%. In questo modo ci sarebbe un ridimensionamento degli “editori impuri”, quelli cioè che hanno interessi economici e politici predominanti su quelli editoriali.
Cosa c’è in gioco? E in gioco la credibilità residua degli organi d’informazione, a vantaggio dei cittadini lettori e telespettatori. Da anni l’Italia è in fondo alle classifiche di Reporters sans Frontieres, perché i principali mezzi d’informazione sono strettamente condizionati dai governi, dai partiti e dai gruppi economici.
La situazione del giornalismo in Italia
Il Disegno di legge interviene sulla situazione del giornalismo che in Italia è pesantemente compromessa. In un’intervista a Micromega (2015), alla domanda su cosa sia successo all’informazione in Italia, Travaglio risponde: «Non lo scopro io che abbiamo la stampa più servile d’Europa. Vi sono grandi giornali internazionali che, negli anni passati, hanno parlato riguardo all’informazione italiana di piaggerie peggiori di quelle della Russia di Stalin, del Minculpop, della stampa nordcoreana di regime. Abbiamo dato tutto il peggio di noi stessi in questi anni e questa è una delle spiegazioni per cui siamo stati governati dai peggiori governi possibili. Perché la stampa li ha sempre presentati come i migliori possibili. (…)
Spesso i temi della libertà di informazione sono considerati una questione interna alla nostra categoria. Le persone non si rendono conto che, invece, è in gioco la qualità delle democrazia e quindi della loro vita, non solo della nostra. A noi ci pagano lo stesso, sia che facciamo i leccaculo, sia che facciamo i giornalisti. Ma chi ne subisce le conseguenze sono lettori e telespettatori.»
Travaglio è solito riservare a colleghi e giornali critiche di quest’ordine: «Fermo restando che certe cartacce buone per avvolgere il pesce, comunemente definite “quotidiani”, sono un po’ meno attendibili di Tiramolla, fa sempre un certo effetto constatare come chiunque sia libero di diffondere fake news a profusione nella beata indifferenza del cosiddetto Ordine dei Giornalisti (FQ, p. 1, 17-06-2020).
Oppure: «Basta collezionare un giornale a caso per un mese e verificare che cosa rimane fra le pagine chiare e le pagine scure di presunte “notizie” sparate con grande rilievo 30 giorni prima: nulla.» (FQ, p. 1, 20-06-2020)
Per passare dalle parole ai numeri: le conseguenze delle perdita di credibilità del giornalismo si può leggere nei dati di vendita. A parità di mesi, dal 2019 al 2020, Il Massaggero (Caltagirone) ha perso il 24,46% della tiratura, La Repubblica (Fiat) ha perso l’8,75%, invece Il Fatto Quotidiano (indipendente) ha avuto un incremento del 65,7% (Fonte: classifica ADS, su Prima Comunicazione).
C.T. & staff FirstMaster
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Nella foto in apertura: la galassia di media del Gruppo Gedi (Fiat).