Un romanzo sul giornalismo

Un romanzo sul giornalismo, una narrazione nostalgica di un certo giornalismo romantico e onesto, ma anche una nuova denuncia dei servi e i dei padroni dell’informazione.

«Se un giornalista è libero per davvero, se cerca di non farsi condizionare dal potere, dalle sue simpatie politiche, dalle sue amicizie, da tutto insomma, editori compresi, riuscirà a svolgere questa professione in modo credibile, vero. Senza libertà e senza giornalisti liberi il giornalismo è morto”».

Il titolo di questo brano potrebbe essere benissimo “Comprati e venduti“, come il bel libro di Giampaolo Pansa, del 1977, su informazione e potere. Invece è uno dei passi salienti di “Forse non morirò di giovedì” (Golem Edizioni, pagg. 192, euro 15), l’ultimo romanzo di Remo Bassini, un bravo scrittore e giornalista di Cortona, che da anni vive in Piemonte, a Vercelli.

Bassini si misura con un romanzo sul giornalismo. È intanto la narrazione nostalgica di un certo giornalismo (di carta stampata) romantico e onesto, che è fortemente in crisi, ma nello stesso tempo è una nuova denuncia dei “comprati e venduti”: i servi e i padroni, insomma, della nostra informazione. Ma “servi” in certi casi, solo perché sono spesso sono messi nell’impossibilità di scrivere le cose come stanno, pena la perdita del lavoro, peraltro quasi sempre precario.

Tutto ciò per fortuna ravvivato, almeno nella speranza, dai giornalisti rimasti liberi, che cercano, quasi come il Philip Marlowe di Chandler, di ristabilire un po’di verità in un mondo che non la vuole: quello della grande stampa, delle grandi tv. Un universo omologato e dominato dai cosiddetti “poteri forti”, da editori che tutto sono meno che editori veri, ma industriali o finanzieri, o miscugli di politica & business.

La vicenda si dipana attraverso un fatto di cronaca, un’aggressione a due gay, e un’intervista televisiva ad Antonio Rovesci, travagliato e vessato direttore di un quotidiano di provincia: il centro di tutto è ovviamente il giornale, il giornalismo, il dovere della cronaca. Come dice Rovesci, è «un bel mestiere il nostro. È bello anche perché ci permette di incontrare persone e storie. Ma c’è una storia, quasi mai raccontata: è la storia del giornale stesso e di chi lo fa».

Però quel “bel mestiere” è diventato sempre più difficile, e la maggioranza dei mass media è sempre meno credibile. Non tutto è perduto, comunque…

Mauro Tornante, tratto da “Senza libertà, il giornalismo muore”: Bassini torna alla fiction, di Massimo Novelli, Fatto Quotidiano, 28-4-2021

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