Scrivere per cambiare il mondo è utopia? Gli scrittori possono ancora trasformare le nostre idee di giusto e di sbagliato?
Mary Pipher, famosa scrittrice e psicopetapeuta nel suo ultimo libro, titolato “Scrivere per cambiare il mondo” (Writing to change the world: an inspiring guide for transforming the world with words, Penguin Books), afferma che «tutta la scrittura è progettata per cambiare il mondo, almeno in una piccola parte del mondo». Il punto di partenza della Pipher è che le parole sono gli strumenti più potenti a disposizione di tutti e il suo “Scrivere per cambiare il mondo” è un libro sul potere delle parole. Cioè sul potere degli scrittori di influenzare e ispirare gli altri, a volte anche intere generazioni.
E’ un fatto che la buona scrittura può ispirare le persone attraverso storie che contengono per i lettori nuove idee, nuove sensibilità e nuovi fatti.
Gli scrittori ascoltano, osservano, si documentano, poi condividono nelle loro pagine ciò che hanno imparato dagli altri. In questo modo, trasmettono nuovi punti di vista e nuove sensibilità, non solo nella saggistica e nell’alta letteratura, ma anche nella letteratura di genere. Tutte le persone, da sempre e ovunque, comprendono il mondo utilizzando i propri schemi di riferimento e per questo motivo, direttamente o indirettamente, gli scrittori danno un contributo alla comprensione della realtà, anche nelle opere di fantasia.
Scrivere è un modo per connettersi agli altri in modo empatico. E, come ha detto Gloria Steinem, “l’empatia è la più rivoluzionaria delle emozioni”. La buona scrittura facilita la creazione di connessioni in un modo che ispira il pensiero, il parlare e l’azione. La buona scrittura allarga la conoscenza del mondo da parte dei lettori, o consente ai lettori di agire per il bene comune, o di ispirare altri autori.
In “Scrivere per cambiare il mondo”, la Pipher ricorda casi noti e meno noti di scrittori che hanno “cambiato il mondo”, come quello di Rachel Carson, che scrisse “Silent spring” per fermare l’uso di certi pesticidi e, dopo la sua pubblicazione, il Ddt fu bandito negli Stati Uniti e poi in Europa. Upton Sinclair ha scritto “The Jungle” per richiamare l’attenzione sullo sfruttamento degli immigrati e ha suscitato scalpore anche per le condizioni insalubri nell’industria della carne, contribuendo a nuove leggi migliorative.
Come scrivere per “cambiare il mondo”
Chi vuole scrivere con l’ambizione di “cambiare il mondo”, un pezzettino del mondo, con il giornalismo impegnato, con i reportage o con la narrativa, dovrebbe ricordare questi suggerimenti: documentarsi, non fare prediche, non aver paura di dire tutta la verità, non lasciare i lettori senza sbocchi.
1. Documentarsi – Chi scrive ha l’obbligo morale e tutta la convenienza di essere più documentati della media dei suoi lettori. Questa regola non vale solo per chi scrive articoli giornalistici ma anche per chi scrive saggi e perfino romanzi.
2. Non fare prediche – Supponi che il lettore sia una persona intelligente che vuole conoscere cose nuove e sviluppare nuove sensibilità. Dai spazio alla capacità di giudizio e di scelta del lettore. Racconta fatti e storie senza forzature e senza verità precostituite.
3. Non aver paura di dire tutta la verità – L’errore contrario è quello di annacquare ciò in cui credi per non contrastare le opinioni dei lettori. Invece di evitare una verità scomoda, esponi i fatti in forma di tesi e antitesi, in modo che i lettori possano scegliere il loro grado di partecipazione, di consenso. Nella narrativa, puoi utilizzare i dialoghi tra personaggi per rappresentare i vari punti di vista. Nella saggistica e nel giornalismo, devi citare fonti a contrasto.
4. Non lasciare i tuoi lettori senza speranza – Scrivere dei problemi non li risolve, a meno che tu non dia ai lettori un’idea di ciò che possono fare. Un argomento problematico è più tollerabile per i lettori se riesci a dare elementi ottimistici per il futuro o magari uno sbocco pratico, come può essere l’iscrizione a un gruppo su Facebook o il sostegno a un’associazione.
Marta Castello
Corsista FirstMaster, corso di recensionistica.