Self publishing, autopubblicazione, vanity press, eBook, editoria digitale, ePub, print on demand e infine eReader: queste sono le parole della rivoluzione in corso tra scrittori e giornalisti.
Self publishing sì, self publishing no
Il self publishing oggi è un’opportunità o una sciocchezza? E’ vanity press, come dicono tanti?
La pubblicazione a proprie spese non è una novità, certo, però oggi può costare pochissimo e si può fare a meno del tipografo e dell’editore.
Proprio perché costa poco non è vanity press, a differenza di chi ha pagato migliaia di euro per farsi pubblicare da un finto editore.
Il self publishing serve?
Le cose stanno in questo termini: se l’autore non ha pretese di pubblico, la stampa di poche copie per pochi amici è pienamente gratificante e costa quanto un invito a cena. E’ legittima e non è “vanity press”.
Altra cosa è quella di chi si aspetta l’attenzione del grande pubblico, senza aver fatto tutte quelle verifiche che un editore dovrebbe fare e spesso non fa: dall’editing all’analisi critica (mettiamo da parte quella commerciale e prendiamola come gusto del rischio). Questa quasi sempre è presunzione e vanity press, cioè soldi buttati e delusioni.
L’illusione del self publishing
L’idea che basti pubblicare per essere letti «almeno un po’» è del tutto infondata, sia che l’edizione sia gestita da un editore medio-piccolo, sia che si faccia self publishing con Amazon, Lulu.com o ilmiolibro.it. E questo perché per farsi largo tra i circa 60.000 nuovi titoli l’anno occorrono argomenti robusti e pubblicità.
E se è vero che allo scaffale di libreria non ci si arriva quasi mai, è anche vero che su Internet la concorrenza è infinitamente maggiore che in libreria.
Teresa Di Stefano & staff
Link sul self publishing e vanity press
– (Wikipedia) Vanity press.
-(il Fatto Quotidiano) Vanity press: pubblico, dunque sono.
-(la Repubblica) Vanity press e vanity prize
– (Wikipedia) Self publishing.
– (il Mulino) La via del self publishing.