Domanda: certe furbizie degli autori sono una qualità o un difetto? Questo il tema del servizio che Alessandro Beretta ha realizzato per La Lettura (Corriere della Sera).
Quando è furbizia e quando è intelligenza?
Cosa è lecito e cosa no? Quando l’autore è intelligente ed abile e quando no?
«Dipende», risponde Angelo Guglielmi. Da un lato, un po’ di furbizia fa parte «delle armi del mestiere e serve sia per sedurre il lettore che per aprirsi percorsi altrimenti vietati». Dall’altro, il ricorso a «certi trucchi e temi ricorrenti (dalla Shoah al precariato, per dirne due)» lascia pensare a facili soluzioni per far presa sul lettore.
Anche gli editori hanno qualche colpa?
Però è anche vero che spesso è l’editore a chiedere all’autore o a premiare l’autore che tratta temi forti o alla moda.
Secondo il critico Goffredo Fofi, «i veri furbi sono gli editori, quindi il mercato. Sono loro a decidere tutto. Lo fanno attraverso gli editor che non sono mai stati così potenti. Oggi quando ricevono un manoscritto possono manipolarlo tranquillamente, tanto sanno che l’autore accetterà, anche perché ormai si scrive tanto per pubblicare, più che per lasciare una traccia.
Le ultime generazioni pubblicano per farsi intervistare, per finire in televisione e sui giornali: è una situazione completamente falsata, anche dalla complicità dei media. Adesso, con la crisi, si farà un po’ di piazza pulita, gli scrittori furbi cadranno nel dimenticatoio, come un mare di esordi ormai già moda del passato, mentre resisteranno i pochi che si tengono ai margini e hanno qualcosa da dire. Certo, va detto che insieme a loro rimarranno i furbissimi, quelli che da vent’anni non deludono il pubblico perché seguono l’epoca invece di criticarla».
Secondo Giulio Ferroni, storico della letteratura: «è chiaro che conta il mercato, ma non incolperei gli autori. Se la furbizia è una delle chiavi del mercato può valere sia per gli editori che per gli autori che giustamente si dicono: “Perché non provarci?”. Ultimamente mi sembra che spesso l’autore cerchi di agganciare la sua furbizia a quella del mercato: in questo modo crolla lo spessore letterario e il meccanismo si avvicina a quello della pubblicità, che è quanto di più alieno dalla letteratura».
«Rispondere alle sirene civili del mutamento è una cosa che tanti scrittori, volenti o nolenti, fanno. Purtroppo non si tratta di letteratura civile o di ricerca della verità, come per Pasolini o Sciascia, ma di opportunismo. L’ho notato con Tabucchi, ottimo come amante di Pessoa, ma inutile come scrittore civile, nel senso che certi temi li ho sentiti cacciati a forza nei suoi libri. In quei casi la furbizia è carenza d’ambizione: lo scrittore surroga l’ispirazione con il tema o con la moda del momento».
Marco Toffanin & staff
Da “I furbetti della narrativa. Escamotage stilistici e temi «di moda»: i trucchi per catturare il lettore“, di Alessandro Beretta (“La lettura”, Corriere della Sera del 21/11/2011).