“E’ finita l’era dei baroni, dei soloni che discettano su ciò che è giusto o è sbagliato, su che cosa va riferito all’opinione pubblica e ciò che invece va tenuto in serbo in attesa di giorni migliori. Finito il monopolio della notizia, il potere di scegliere il da farsi ogni mattino”.
«In Sicilia le testate online hanno più lettori della carta stampata», ma pochi sembrano accorgersene. Così scrive Flavio Leone, blogger siciliano che racconta la sua esperienza di web journalism sul suo sito CastelvetranoSelinunte.it.
Leone racconta sul suo sito che «quando gli enti pubblici organizzano le rassegne stampa, non inseriscono i quotidiani on line. I politici, anche i più avveduti, danno uno sguardo superficiale a ciò che arriva sulla rete. L’Ordine dei giornalisti organizza tavole rotonde, seminari e convegni sull’informazione, com’è oggi, e non tiene conto delle testate on line.
Si tratta di miopia? Di paura delle novità? Di scarsa dimestichezza con le tecnologie? O di difesa dell’esistente, costi quel che costi? Certo è che la Sicilia sta in coda all’informazione on line, e i giornalisti siciliani non pare che abbiano scoperto la grande rivoluzione dell’informazione digitale che pure si consuma sotto i loro occhi.
Non riescono a rassegnarsi che il mondo possa andare avanti e cercano in ogni modo di ignorare la realtà. Questo comporterà costi enormi e farà pagare ai giovani, soprattutto a loro, il gap di ritardi incolmabili. Una sola considerazione. L’editoria siciliana proclama lo stato di crisi o sta per farlo, nell’informazione on line si assume e si formano i giovani del futuro. Ma questo non sembra interessare nessuno.
Non vogliono sapere chi legge i giornali on line, quanti li leggono, che cosa leggono. Non vogliono sapere soprattutto che i giornali on line hanno impresso alla informazione un dinamismo straordinario, coinvolgendo i lettori e facendoli partecipare alla costruzione dei messaggi dell’informazione. E’ finita l’era dei baroni, dei soloni che discettano su ciò che è giusto o è sbagliato, su che cosa va riferito all’opinione pubblica e ciò che invece va tenuto in serbo in attesa di giorni migliori. Finito il monopolio della notizia, il potere di scegliere il da farsi ogni mattino.
E questo pare che non lo digeriscano, sicché quando c’è da discutere di informazione e di misurarsi su ciò che sta per succedere, preferiscono farlo tra loro all’interno della carta stampata, come se l’informazione cominciasse e finisse con i giornali, che pure sono – e resteranno uno degli strumenti dell’informazione e della democrazia.
Sta accadendo quel che succede ogni volta che qualcosa rivoluziona il modo di allargare la conoscenza degli uomini e delle donne. La galassia Gutemberg fece paura a un sacco di gente, soprattutto ai monaci dei conventi che pure avevano avuto il merito, straordinario, di diffondere la cultura in tempi difficile. Fu percepita come una spoliazione, un privilegio che veniva regalato a chi non sapeva che farsene o l’avrebbe usato male.
Saltando alcuni secoli, ricordiamo con un sorriso quanto accadde allorché il cinema guadagnò il sonoro, e gli spettatori poterono ascoltare i dialoghi invece che leggerli insieme alla musichetta del pianino. Grandi personaggi, in perfetta buona fede, dichiararono che il cinema muto non sarebbe stato intaccato da quello sonoro e vi restarono legati, morendoci dietro.
E’ questo che sta accadendo in Sicilia. La terra in cui gli inquisitori abitarono più a lungo. Il deserto di conoscenze sull’informazione digitale e la diffidenza che esso provoca, nonostante lo straripante e riconoscibile successo, riguarda soprattutto le classi dirigenti. Ma nel caso dell’informazione, purtroppo, la miopia non è un male che colpisce solo gli editori che potrebbero anzi avere qualche motivo per guardarsi attorno e indugiare, se non altro per ragioni anagrafiche, ma i giornalisti; di più, i giornalisti che hanno la responsabilità di guardare al futuro per le responsabilità che hanno assunto di rappresentare gli altri».
A c. di Sergio Quartu & staff FM